Editoriale Febbraio 2018
Quanto leggerete in questo sito non vuole essere una dimostrazione di efficienza e vanto, un modo per dire "guardate come siamo stati bravi, buoni e quante belle cose abbiamo fatto e costruito"; naturalmente il tutto condito con abbondante dose di umiltà di maniera. Se questo dovesse trasparire, una tappa in confessionale sarebbe d'obbligo per tutti.
Scopo del nostro incontrarvi non è che il desiderio di tentare di condividere l'esperienza che abbiamo vissuto da quando, dopo la morte di don Maurizio, abbiamo percepito che il miglior modo per restare una comunione viva con lui era quello di unirci per poi scoprire dove le strade della Provvidenza ci avrebbero portato. Prima di tutto la dimensione di carità che abbiamo incontrato. Per noi esperienza di carità è stata essenzialmente esperienza di semplicità e normalità. Semplicità innanzitutto nostra. Fra di noi ci sono persone del tutto normali; quindi nessun professionista dell'umanitario, nessuna figura eroica e carismatica. Fra di noi "semplicemente" gli amici di un prete, quindi famiglie, insegnanti e imprenditori, artigiani e casalinghe, liberi professionisti e modesti operatori del sociale, le persone cioè che "normalmente" vivono la vita di una comunità parrocchiale. Davvero nulla di più. In questo contesto, una piccola associazione come la nostra, abbiamo scoperto essere stata preziosa per evitare che semplicità e normalità sfumassero in un atteggiamento di disimpegno e rinuncia. Il pericolo è quello di autoconvincersi che la carità sia cosa che può riguardare solo i grossi calibri della santità o comunque persone che per accettare certe sfide non possono per l'appunto essere iscritte al partito della normalità e semplicità. Dio certe testimonianze del suo amore non può chiederle a chi si è affascinato e attratto dal suo vangelo ma che ancora fa una fatica enorme nel concretizzare e accettare nel quotidiano i paradossi evangelici del perdere per guadagnare, soffrire per gioire, dividere per moltiplicare, morire per vivere...
A volte noi corriamo il rischio di vivere Dio come un troppo altro e distante, di ritenere l'avventura che ci chiede di accogliere come un qualcosa che irrimediabilmente supera noi incapaci di essere testimoni minimamente credibili delle speranze che la fede racchiude in se. "Amici di don Maurizio" è stata ed è, una modesta, ma vera occasione per vivere, capire, sperimentare che è "normale" che Dio si serva della "semplice" quotidianità del nostro vivere.
E' chiaro allora che questo sito non vuole dire che siamo stati capaci di fare un po' di bene, quanto che abbiamo visto il bene di Dio all'opera in uomini e donne che ci sono stati maestri di Vangelo e ci hanno resi partecipi della loro missione. Don Giovanni, le suore, don Cesare, i bambini, gli Indios, i carcerati, Don Cecchino, Marco, Monica... sono loro la ricchezza che vogliamo comunicare così come è stata donata a noi. Con loro e grazie a loro abbiamo capito che la carità e il servizio al fratello e alla sorella, non svuotano, non tolgono qualcosa, non sono una scocciatura che volentieri si delega ad altri. Vivere la carità può essere faticoso, ma è sempre arricchente; ti può svuotare di energie, ma mai di umanità.
Concludendo, dopo questi anni di vita associativa, con molta umiltà, crediamo che si possa fare nostre le parole di Edith Stein quando diceva: "Mi par di intravvedere più distintamente qual'è il mio compito. Naturalmente, comprendo sempre più a fondo la mia totale insufficienza; ma al tempo stesso, malgrado questa insufficienza, intravedo la possibilità di essere strumento".